Lungo il crinale della collina dove sorge l’incantevole Valle dei Templi di Agrigento, percorrendo il sentiero in salita della Via Sacra, si rimane a un certo punto interdetti, quasi straniti, dinnanzi alla ciclopica scultura bronzea di un ‘angelo ferito’, che come precipitato dal cielo giace disteso su un fianco, volgendo le spalle al sacro tempio della Concordia.
Il giovane gigante riprodotto è l’Icaro caduto di Igor Mitoraj, moderna reinterpretazione del noto personaggio mitologico caro ad autori di età classica e moderna. Mitoraj, scultore di origini polacche, artista magistrale della nostra epoca, è venuto a mancare nell’ottobre del 2014, spiegando come il giovane eroe le sue ali verso il cielo e la libertà.
ICARO: SIMBOLO DELL’UOMO DI OGGI IN LIBERA CADUTA
Attraverso questa opera, ormai visibile da alcuni anni presso il parco archeologico di Agrigento, Mitoraj punta la sua lente d’artista su Icaro, figlio di Dedalo, il leggendario “inventore” greco. Secondo la mitologia, Icaro e il padre erano in fuga dall’isola di Creta, dove erano stati confinati dal re Minosse. Non potendo fuggire né per mare né per terra, Dedalo aveva escogitato un piano ingegnoso per riconquistare la libertà perduta: quello di lasciare l’isola spiccando come gli uccelli il volo.
Così plasmò due paia di soffici ali per lui e per il figlio, modellandole con bionda cera d’api e soffici piume d’uccello. Ma, una volta intrapreso il viaggio, nonostante le indicazioni del padre, Icaro uscì incautamente fuori rotta avvicinandosi troppo ai raggi del sole. Come era inevitabile, le sue ali si sciolsero in fretta ‘come cera’, facendolo precipitare e infine annegare, sommerso dai flutti del mare… che da lui prese il nome: Mar Icario, una suddivisione del Mar Mediterraneo tra le Cicladi e l’Asia Minore.
Il corpo possente della statua posa prostrato sul suolo, troncato di quattro arti. Le ali spezzate sono il simbolo di questa sconfitta, rievocata dal poeta latinoOvidio nelle Metamorfosi, il quale canta la disperata caduta del giovane e il suo schianto mortale sulla terra.
Quando il fanciullo cominciò a prender gusto dell’audace volo, e si staccò dalla sua guida, e affascinato dal cielo si portò più in alto. La vicinanza del sole ardente ammorbidì la cera odorosa che teneva unite le penne. Si strusse la cera; lui agitò le braccia rimaste nude, e non avendo con che remigare in aria, e invocando il padre precipitò a capofitto, e il suo urlo si spense nelle acque azzurre, che da lui presero il nome.
(Ovidio, Metamorfosi, Giulio Einaudi editore, Torino 2015)
Questo è il mito della libertà e della disubbidienza. Icaro è colui che anelando alla libertà oltrepassa i limiti che gli erano stati imposti, ‘cadendo’ vittima della sua imprudenza. Si tratta di un motivo molto diffuso nella letteratura greca antica e ripreso anche da autori e artisti di epoche successive: da Canova a Rubens, da Leighton a Chagall.
I GIGANTI DI MITORAJ OSPITI D’ECCEZIONE ALLA VALLE DEI TEMPLI DI AGRIGENTO
L’Icaro caduto è solo una delle diciotto gigantesche opere bronzee dello scultore polacco che sono state esposte alla sua mostra tenutasi nel 2011 nella scenografica cornice del Parco Archeologico della Valle dei Templi. In questa occasione, i suoi personaggi sono tornati idealmente alle loro origini mitiche.
La statua di Icaro, la prediletta dall’autore – come è stato da lui espressamente dichiarato – è l’unica visibile tutt’oggi presso il parco, rimasta in situ anche dopo la fine della mostra, donata dallo stesso Mitoraj.
In questa occasione, l’intera collezione scultorea dei “giganti feriti”, oltre che a enfatizzarne la bellezza, ha rianimato questo scenario paesaggistico d’inestimabile valore storico e naturalistico, scandito dalla lussureggiante presenza di alberi e piante centenarie.
L’evento dal carattere decisamente monumentale ha rappresentato un unicum nel suo genere,sia per l’inconfondibile stile dell’autore, sia per il connubio artistico fra passato e presente: un dialogo storicosine temporeche si è snodato lungo i viali millenari della antica colonia greca di Akragas, fra sculture contemporanee, capitelli e colonne doriche di epoca classica.
L’originalità dell’autore polacco sta proprio nel ricercare questa eco di antichità ai giorni d’oggi: una rivisitazione tematica unica del classicismo in chiave moderna.
Come l’Icaro caduto, quasi tutte le sculture di Mitoraj sono modelli mitici appartenenti alla dimensione mitologica greca di tradizione classica, al quale l’artista si è riallacciato attingendone a piene mani e sapendo conferire, al contempo, il suo personale tocco di modernità e umanità.
I protagonisti mitici dell’autore sono eroi dai desideri tutti umani, eroi che si muovono verso la libertà (Eros, Dedalo, Ikarina), la cui aurea e i cui corpi, materializzatisi nel bronzo e nel travertino, appaiono violati e danneggiati dinnanzi allo scorrere sferzante di Chronos, che tutto sfiora e nessuno risparmia. Essi condividono lo stesso destino di molte sculture classiche, come loro ridotte in frammenti, svestiti e spogliati della loro eroicità mitica. Spezzati, disarticolati, frammentati, sono anche loro vittime cadute nella rovina del tempo: una ‘bellezza classica frantumata, come si trattasse di resti del naufragio di un mondo ormai scomparso’.
Queste le parole di Mitoraj: “A me interessa il contenuto delle opere antiche, la loro anima, non la forma estetica. Mi rendo conto che le mie opere sono trappole mentali. E la gente ci casca dentro. Perché ci siamo dimenticati che veniamo dal modello greco, non solo per l’arte, penso alla filosofia, alla stessa democrazia. Il mio lavoro parla alla memoria inconscia che è dentro di noi. Ma non trovo giusto che un artista parli della sua arte, sono le sue opere che devono parlare per lui.”
(Intervista Sole24Ore)
CLARA FRASCA
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