Saliamo sulle spalle di un gigante del passato: Platone
A cura del prof. Fabrizio Bartoli, membro del Comitato Scientifico dell’Istituto Ellenico della Diplomazia Culturale con sede ad Ancona – Italia
Il significato della parola “educazione” è “trarre fuori” (dal latino ex-ducere), condurre fuori ciò che è dentro, portare alla luce ciò che è nascosto, rendere attuale ciò che è solo potenziale, sviluppare. Inoltre, educare significa trarre fuori da condizioni che limitano; in altre parole è produrre un processo di crescita. Questo è ciò che possiamo dedurre dall’insegnamento di Platone.
Nell’opinione comune invece, l’educazione è stata spesso considerata sinonimo di “Istruzione”, anche nelle scuole spesso si attribuisce ad essa questo significato. Istruzione, invece, significa “immettere” qualche cosa che manca, colmare un vuoto.
Naturalmente l’educazione include anche trasmettere nozioni; ma questo deve essere considerato solo un mezzo necessario e non deve rimanere fine a sé stesso. Nell’uso comune il concetto di educazione include entrambi gli aspetti e ciò crea facilmente confusione e incomprensioni. Sarebbe opportuno tenere sempre presente la distinzione tra istruzione nozionistica e educazione formativa.
Possiamo constatare come l’erronea interpretazione del significato dell’educazione risalga addirittura all’epoca dell’antica Grecia.
Da un significativo passo della “Repubblica” di Platone apprendiamo come, “… taluni che ne fanno professione …” (falsi educatori) dicono che sono loro ad istruire “…l’anima priva di scienza…”; mentre Platone precisa che la scienza (conoscenza) è “... insita nell’anima di ciascuno…”. Da ciò si può dedurre che il processo educativo è, per Platone, appunto trarre fuori la scienza (conoscenza) che è già presente nell’anima.
Platone poi indica il fine più nobile dell’educazione a cui l’uomo dovrebbe tendere, cioè la contemplazione del Bene: “… questo si deve fare finché l’anima divenga capace di resistere alla contemplazione di ciò che è e della parte sua più splendida … (la contemplazione del Bene)”.
Ecco il brano completo tratto dalla Repubblica di Platone (VII, 518-519):
” … l’educazione non è proprio come la definiscono taluni che ne fanno professione. Essi dicono che, essendo l’anima priva di scienza, sono loro che la istruiscono, come se in occhi ciechi ponessero la vista …. Invece … questa facoltà insita nell’anima di ciascuno e l’organo con cui ciascuno apprende (l’intelletto), si devono staccare dal mondo della generazione (il mondo manifesto sensoriale) e girare attorno insieme con l’anima intera, allo stesso modo che non è possibile volgere l’occhio dalla tenebra allo splendore se non insieme con il corpo tutto; e questo si deve fare finché l’anima divenga capace di resistere alla contemplazione di ciò che è e della parte sua più splendida … (la contemplazione del Bene) ”.
Platone ci indica la direzione da prendere, quindi la giusta educazione è dirigere la nostra Anima verso l’Alto, l’Essere, verso i principi Universali al di sopra del mondo “materiale” (il divenire), fino a contemplare il SOMMO BENE, che equivale a Dio. Nel seguito del discorso il Maestro ateniese indica un percorso educativo che è basato sull’uso corretto dell’intelligenza, “… virtù … propria più di ogni altra … di un elemento divino …”.
Molto importante la constatazione sulla virtù dell’intelligenza considerata come l’elemento più elevato e nobile (“divino”) a disposizione dell’uomo, la quale “non perde mai il suo potere” e può essere direzionata in modo “utile e vantaggioso o inutile e dannoso”.
Ecco il brano tratto dalla Repubblica (VII, 518-519): “… c’è dunque un’arte apposita di volgere attorno quell’organo (l’intelletto) … La virtù dell’intelligenza è propria più di ogni altra … di un elemento divino, che non perde mai il suo potere e che, secondo come lo si rivolge, è utile e vantaggioso o inutile e dannoso. … Supponiamo …dunque che, con un’operazione eseguita sin dall’infanzia, questa natura (dell’intelligenza) così formata fosse privata tutta intorno di quella sorta di masse plumbee che appartengono al mondo della generazione (mondo sensibile) e che le stanno attaccate addosso con gli alimenti, i piaceri e simili golosità, tutte cose che fanno volgere in giù lo sguardo dell’anima. Se ne fosse stata liberata e fosse stata volta alle cose vere, questa medesima natura, di questi medesimi uomini, avrebbe potuto vedere anche quelle, così come vede gli oggetti ai quali è rivolta ora, assai acutamente”.
L’intelligenza va rivolta nella giusta direzione, fin dall’infanzia è necessario eliminare quelle “masse plumbee”, piaceri, desideri, “che fanno volgere in giù lo sguardo dell’anima”. Se quindi, con un processo educativo, riuscissimo a liberare “l’anima e … volgerla alle cose vere”, potremmo vedere ciò che Platone chiama “il Vero”, indispensabile per poi compiere le giuste scelte nella vita.
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